E’ sempre affascinante per me lavorare sul tema dello sviluppo del team e della collocazione in area di eccellenza delle sue prestazioni; in qualche modo il teamwork non passa mai di moda.
Se possibile, quando lavoro in presenza, mi piace stare in cerchio, per far sperimentare quell’ “energia di campo” che il gruppo crea. Senso di appartenenza, bisogno di status, di ruoli, condivisione di compiti e di obiettivi, e poi quel gruppo comincia a compiere il miracolo di trasformarsi in team. Anche quando lavora totalmente da remoto o in modalità ibrida, le dinamiche che portano un team a nascere e a lavorare bene non sono dissimili; la sfida in quel caso diventa l’apprendimento di un corretto utilizzo degli strumenti di comunicazione digitale, per il lavoro condiviso e per la creazione e gestione del flusso di conoscenza senza perdere di vista il ruolo importantissimo delle relazioni. E anche questo è un tema che mi interessa moltissimo e su cui sto investendo in ricerca, per supportare al meglio lo sviluppo dei c.d. virtual teams.
Che sia co-localizzato, che sia virtuale, un gruppo che diventa team – e magari anche dream team – compie un cambiamento che non avviene a caso. Come leader o come membri bisogna lavorarci su ogni giorno e su tanti tanti fronti: ascolto, comunicazione, feedback puntuale e costruttivo, empatia e apertura all’altro, gestione dello stress, costruzione e continua revisione dei processi attraverso cui il team lavora e produce risultati.
E farsi tante tante domande: quanto riusciamo a comunicare bene, a farci capire e a sentirci capiti? Quanto riusciamo a supportarci davvero, specialmente nei momenti difficili? Quali regole abbiamo stabilito per trattarci al meglio? E ancora: in quali circostanze dobbiamo lavorare insieme? in quali aspetti siamo interdipendenti? Come possiamo aiutarci reciprocamente?
Una recente ricerca ha dimostrato che ci sono almeno 5 cose che i team altamente performanti fanno in modo esplicito e/o diverso:
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tirare su il telefono e chiarire subito quello che c’è da chiarire, perché in questo modo si rafforzano i rapporti e si prevengono le incomprensioni, contribuendo a creare interazioni più proficue tra i membri del team;
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gestire alla grande i meeting, evitando le comuni insidie delle riunioni mal gestite, incorporando pratiche che si dimostrano più produttive e contribuendo a migliorare le relazioni. Il che significa, fra le altre cose, preparazione da parte di tutti i partecipanti, un ordine del giorno a prova di bomba, il tenere i membri del team al corrente dei progressi reciproci;
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investire tempo per legare su argomenti non solo strettamente lavorativi, identificando gli interessi comuni, il che favorisce legami autentici;
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dare e ricevere spesso apprezzamenti. Il bisogno di relazionarsi contribuisce a migliorare le prestazioni sul lavoro perché fa sentire stimati, apprezzati e rispettati; per questo il riconoscimento è spesso una forza motivante più potente di qualunque altro incentivo;
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essere più autentici sul lavoro, più propensi a esprimere emozioni con i colleghi, anche quelle negative. L’espressione di emozioni negative nel team produce comunque prestazioni più positive perché l’alternativa all’espressione di queste emozioni è la loro soppressione, e la soppressione è cognitivamente costosa. Si sa che l’autenticità contribuisce al benessere sul lavoro e alle prestazioni individuali; ora emerge che aumenta anche le prestazioni del team. Personalmente, non avevo dubbi.